CENTO

Luglio 2021

Stavo finalmente entrando nell’ospedale con in braccio, ben saldo, il mio trofeo di fiori, quando una voce alle mie spalle, mi grida perentoria: “Lei dove crede di andare? È proibito portare fiori ai degenti.”
“Non sto portando fiori ai degenti, sto portando un omaggio al mio reparto come ringraziamento in occasione della centesima immunoterapia e per le cure che mi hanno prodigato in tutti questi anni di terapia.”
La voce reitera: “Non si può entrare con i fiori!”
Già sottomessa e avvilita, mi blocco ripensando a tutta la fatica fatta per mettere una gabbia solida alla mia composizione di fiori, incellophanarli e prepararli per il trasporto in macchina senza che si sciupassero o perdessero pezzi per strada e mi domando: “Allora che faccio?…Li riporto indietro?” Prima che la solita voce mi distrugga del tutto, se ne aggiunge un’altra, che mi allarga il cuore: “Non è materiale organico, non sono fiori freschi!”
“No, no, no” mi affretto a ribadire “sono tutti fiori artificiali, non c’è niente di organico.”
La prima voce, un po’ meno determinata, fa una leggera marcia indietro: “Mah, provi ad entrare…tanto non la faranno passare!”
Mi precipito dentro e, sicura della mia innocenza, orgogliosamente sciorino subito al triage: “Sono fiori artificiali, niente di organico…è un omaggio per il mio reparto d’immunoterapia oncologica!”
Al triage sono più malleabili: “Provi ad andare al reparto, ma tanto non la faranno entrare!”

Fortunatamente prima di entrare nel reparto, incontro un dottore amico e gli racconto le mie traversie, chiedendogli aiuto. Mi consiglia di aspettare fuori, che poi mi farà sapere. Ritorna per dirmi: “È la capo infermiera che deve decidere, verrà lei. “Infatti, subito dopo, arriva la capo infermiera, mi toglie il mio trofeo dalle braccia, dicendomi di non preoccuparmi che se ne occuperà lei, chiedendo anche ai dottori del reparto; poco dopo, infatti, vedo troneggiare la mia composizione sul tavolo tondo della sala d’aspetto, collocazione a cui, in cuor mio, l’avevo fin da subito destinata. Consegno all’infermiera anche la letterina d’accompagnamento e finalmente placo la mia ansia! Cento terapie, sette anni di cure dal 2014, quando, a Grosseto alle mie ritrosie di mettermi in cura, mi dissero, senza mezzi termini, che non avevo più molto tempo davanti e che dovevo prendere una decisione al più presto. La presi ed eccomi qui nel 2021 a festeggiare le cento terapie, che mi hanno protratto la vita!

Con gli occhi della memoria ripercorro all’indietro tutti gli anni rubati alla morte, l’austera signora che ha tanta voglia di portarmi via con sé. Incominciò ad annunciarsi nel 2006 con la prima pancreatite, quando del tutto ignara di cosa mi stesse succedendo, me ne rimanevo a casa, aspettando che i dolori, diagnosticati al Pronto soccorso come gastrite, passassero da soli finché non arrivò mia figlia Samanta, prese in mano la situazione e, insieme a mio marito, mi fece ricoverare subito. Ci riprovò nel 2012 con un’altra pancreatite, molto più dolorosa e drammatica, al punto che quando Samanta mi vide con tanto di sondino gastrico per drenare tutte le paludi e i liquidi melmosi che mi si erano formati nello stomaco, impressionata, scoppiò a piangere: “Mamma, non mi lasciare!” Ed io, ben intenzionata a non darla vinta all’infida Signora, le risposi, assertiva: “Non lo farò!”. Infatti, riemersi da paludi e melme e, addirittura, venni dimessa in tempo per fare il lungo viaggio al nord per poter assistere al suo matrimonio. Finché nel 2013, la Signora cercò di espugnarmi definitivamente con una bella diagnosi di “melanoma metastatico”, ma trovò a proteggermi un esercito di persone, che si presero cura di me, m’indirizzarono a Siena, mi presero gli appuntamenti in tempi brevissimi e, infine, mi consegnarono alle cure e alla professionalità dei dottori e degli infermieri del reparto di immunoterapia oncologica, togliendomi dai gironi infernali dell’istituto romano, che per primo aveva cercato di curarmi, riuscendo solo ad operarmi per tre volte nello stesso punto della coscia, dove il melanoma si era manifestato e riproduceva noduli. Un altro attacco della Signora, che voleva essere finale, fu al momento della biopsia epatica, a cui il mio organismo reagii in modo del tutto anomalo, tanto che il professore stesso, che me l’aveva praticata, si spaventò e chiamò l’equipe di rianimazione per poi spedirmi in codice rosso alla shock room del Pronto Soccorso, dove per ore mi riempirono di morfina per combattere gli atroci dolori che mi attanagliavano. Anche quella volta, la Signora fu sconfitta… e arrivò il Covid. Evidentemente non lo ritenne appropriato alla mia dipartita forse perché, in piena pandemia, lo ritenne troppo banale e mi tentò con un bell’ictus ischemico dal quale risorsi, tutta ammaccata, ma ancora in piedi. Ed eccomi alla mia centesima terapia con marito, figlie e nipoti al seguito e tanta voglia di festeggiare e di ridere insieme. Certo, perché, dopo il festeggiamento in reparto, la sera successiva, abbiamo festeggiato al ristorante, felici di esserci ancora tutti.

Mia figlia Soleda aveva provveduto a trovare il materiale per festeggiare all’americana, indossando ed esponendo coroncine e grandi numeri 100 di cartone dorato e argentato, che dopo avermi creato un iniziale imbarazzo, mi hanno, invece, trascinato in un’atmosfera festosa i cui ricordi fotografici mi sono molto cari. I momenti di gioia vanno tenuti con cura nella mente e nel cuore perché sono le riserve di forza a cui attingere, quando devi affrontare le prove più dure. I bei faccini dei miei nipoti, che sinceramente non speravo di veder crescere fino ai loro 10 e 12 anni, sono la mia ricchezza e giacché ho resistito fin qui (poiché nella vita non ci si accontenta mai), adesso vorrei vedere come saranno a 18 anni, quando, ormai grandi e compiuti, almeno fisicamente, sceglieranno quale indirizzo dare alle loro vite. Da quando vivo all’Argentario e dopo, a causa delle restrizioni, dovute al Covid, in questi ultimi due anni li ho visti molto meno del solito. Mi struggo nella lontananza e nell’attesa della loro prossima venuta, alla barba della perfida Signora, che senz’altro sta programmando qualche nuova sorpresina per me, mentre noi ci proiettiamo verso la duecentesima terapia, accompagnati dalla luce di freschezza che brilla nei loro occhi castani!

FINE
Alba Raggiaschi