L’ attesa

Il melanoma è stata una new entry inattesa nella mia vita. Credevo bastassero le pancreatiti acute recidivanti, l’eventuale colangite, l’artrite psoriasica invalidante, invece no: è arrivato violento, volgare, tracotante il melanoma. Pago il mio amore per il sole? Forse. Pago quel qualcosa che mi iniettarono durante la colecistectomia nel lontano 1995, quando svegliandomi dall’operazione notai quello strano buco nella coscia sinistra, come lasciato dalla penetrazione di un grosso ago e di cui non ebbi mai il coraggio di chiedere spiegazioni perché ancora preda di una timidezza paralizzante? Forse. Intorno a quel buco si creò una piccola macchia come di capillari rotti che dopo quattordici anni sparì, per riproporsi un anno dopo tale e quale a prima, e negli ultimi tempi degenerare in qualcosa di lucido e violaceo.

Non so quanto tempo mi resta prima che il melanoma o chi per esso mi sgretoli.

Ti senti ancora viva, discretamente vitale. Sali e scendi le scale, ti prepari la tazzina d’orzo, prepari la pappa al cane, ti lavi, ti trucchi, sei autonoma nelle tue funzioni fisiologiche, cose di sempre, insomma, ma ti sembrano doni preziosi da contemplare e da considerare con cura perché fra poco, forse, potrebbero esserti tolti e tutto ciò che ora appare normalità, diventare qualcosa d’irraggiungibile.

Contemplo la vastità del mare che illumina di trasparenze la mia attesa: la bellezza dell’Argentario mi protegge e mi accompagna con le sue acque turchine, i suoi cieli gonfi di nuvole, la sua luce cristallina, i venti spavaldi e profumati di salmastro, le linee morbide delle belle colline violacee di fronte al promontorio ad orlare e proteggerne il mare, mentre i gabbiani galleggiano indolenti sull’acqua immota, come in uno specchio, o volano alto con voci stridule affidando alle grandi ali bianche la conquista del cielo.

Cammino sulla battigia, lungo la schiuma delle onde a passi lenti ma eterni, appartengo alla vita e alla morte, in equilibrio sul confine esile che le separa e le unisce, tanto che l’una scivola sull’altra e non sai più quale delle due ti sta padroneggiando.

Secondo dopo secondo respiro la vita e ignoro il futuro.

Alba Raggiaschi