Le Nostre Esperienze

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Alba

Alba

2013…E POI!

Prologo
Non sapevo. Non sapevo fare la valigia. Non sapevo cosa portare per andare a morire, non l’ho ancora imparato. Cosa si porta per andare a morire? I sogni perduti o quelli non ancora realizzati? Le delusioni o le gioie? Le indecisioni o le certezze? I pentimenti o le generosità? Il rancore o l’amore? L’amore per la vita che svanisce o l’angoscia per la morte che si avvicina? Cosa si mette nella valigia per andare a morire? Non lo sapevo. Non lo so.

Allora ho gonfiato due valigie di colori. Tutti i colori della vita.

Il rosso della passione e del sangue. L’azzurro del mare del Pozzarello. Il verde di Pianbosco e delle piante amiche che hanno accompagnato il mio cammino. L’argento della mia laguna. Il bianco dell’innocenza e della pietà: compassion for animals. Il giallo del sole che mi uccide e delle ginestre che m’inebriano. Il grigio ferro del dolore e della sofferenza. Il rosa dell’arco di rose di mamma a Maggio. Il blu delle delusioni. Il viola dei rimpianti. L’indaco dell’abisso in cui sto scivolando. Il celeste dei cieli e della tenerezza. L’arancio della vitalità e della speranza. L’oro della vittoria.

Vittoria sì, perché ho vissuto e quindi ho vinto!

Mi sono, così, messa i colori della vita per andare a morire. Ho portato l’arcobaleno con me perché m’illumini la morte.

Vi entrerò colorata, ardente di vita e le chiederò di essermi amica. Le chiederò di guidarmi dentro l’ arcobaleno, come quello grande che ci accolse di ritorno dal viaggio di nozze e accese il nostro cuore di delirante felicità e di vaporose attese, ricordi?…..e lì, dentro quello stesso arcobaleno, io ti aspetterò.

“2013…E POI!” prosegue con L’ annuncio

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Antonella

Antonella

Riscrivere ancora una volta la mia storia mi costa fatica più che mai oggi!
Nulla avviene per caso e le persone che incontri nel tuo percorso di vita non capitano per caso.
Sono stata sempre una sportiva, ho praticato sin da bambina diversi sport: basket, ginnastica aerobica, tennis, palestra, karatè, Tai Chi, nuoto, immersione in apnea, corsa, danza sportiva agonistica. Amante della natura ma soprattutto del mare non mi sono mai risparmiata in ogni attività a cui mi sono dedicata. Come estetista sono sempre stata attenta all’estetica e alla cura del corpo. A settembre del 2012 il mio male si è presentato sulla mia caviglia sinistra sotto la forma di una perla traslucida della grandezza di una testa di spillo. Nel giro di un mese aveva la grandezza di una grossa nocciola sanguinante poggiata su una base circolare rossa di circa una decina di centimetri.

Quando sono stata visitata il 18 di ottobre all’ Idi sono stata rimproverata per non essere stata abbastanza sollecita perché secondo i medici una lesione tale si presenta così dopo cinque o sei anni. La lista di attesa prevedeva il mio intervento dopo circa cinque mesi e l’aggravarsi della situazione ha richiesto una scelta diversa come destinazione. A mettermi in guardia il dermatologo che per primo mi aveva visitato e che leggendo la mia provenienza mi disse di avere uno zio nel mio stesso paese. La ricerca di un chirurgo plastico per la complessità dell’intervento a cui ormai dovevo sottopormi nella mia regione mi ha posto davanti ad un problema che sembrava insormontabile. I chirurghi plastici al sud lavorano solo privatamente anche perché un reparto di chirurgia plastica è inesistente nelle strutture sanitarie pubbliche. Quando la mia ricerca sembrava aver trovato una soluzione nell’unico chirurgo plastico che mi avevano garantito come una persona professionale molto apprezzata presso una struttura ospedaliera non distante da Cosenza le mie speranze andarono perse quando questi mi disse che di lì a pochi giorni sarebbe andato in pensione e che non mi avrebbe potuto operare. Gli chiesi di aiutarmi perché ritenevo di non riuscire nella mia regione a trovare una risoluzione al mio problema. È stato proprio lui che mi ha messo in contatto con un giovane dottore che si era laureato a Siena a cui devo tanto perché in seguito, dopo gli interventi, mi ha medicato e aspirato ogni due o tre giorni il liquido che si formava nella gamba.

Quest’ultimo mi ha aiutato ad avere la possibilità di accedere presso il policlinico le Scotte e a mettermi in contatto con i suoi professori del reparto di chirurgia plastica. A dicembre il primo ingresso in sala operatoria che prevedeva una triplice intervento: alla caviglia, all’ inguine e alla spalla sinistra. L’ esame istologico ha dato un esito positivo: melanoma metastatico cutaneo di quinto livello di Clark. Dai professori di chirurgia plastica ho appreso che era a Siena l’unico centro di immunoterapia oncologica per la cura del melanoma. Ricordo perfettamente il giorno in cui ho incontrato per la prima volta il primario del reparto, il dottor Maio e la sua stretta collaboratrice, la dottoressa Di Giacomo: mi sono tranquillizzata subito in quel momento nonostante tutti i miei timori perché si apriva per me la possibilità di entrare a fare parte di un protocollo di sperimentazione per la cura del melanoma.  Il 22 aprile del 2013 ho iniziato il mio primo ciclo di terapia. La mia vita in sette anni è cambiata radicalmente. Inizialmente camminare, salire le scale, sedermi o alzarmi da una sedia era diventato molto difficile e faticoso per me, così come la perdita di alcuni movimenti per via degli interventi subiti. Nel tempo ho imparato ad adattarmi al cambiamento e per me non è stato semplice perché sono stata sempre una persona molto attiva nel lavoro e che ha amato più che altro il mare.

Oltre a tutte le conseguenze (soggettive per ognuno) uno dei fastidi più grande che procura la terapia è l’esposizione al sole…Io aggiungerei così come a qualsiasi fonte di calore o di illuminazione artificiale più forte o lavarsi con dell’acqua più calda del necessario procura arrossamenti. Anche il semplice cucinare procura lo stesso effetto per cui cerco giornalmente di proteggermi con crema solare protezione 50 sul corpo e uso regolarmente il fondotinta con protezione solare anche quando non devo uscire di casa per limitare il più possibile i danni dati dal sole o dalle fonti di calore. Provo ad uscire nelle ore meno calde cercando di camminare all’ombra….anche in piena estate indosso giacchine a maniche lunghe e porto sempre con me un ombrellino per ripararmi dal sole. Guidare con il sole per lunghi tratti è per me impossibile e quindi l’auto la uso solo al mattino presto o di sera tardi. È solo questione di cambiare, accettare e adattarsi ad un nuovo stile di vita. Dopo sette anni sono andata al mare e ho fatto il bagno all’alba e poi al tramonto! Un piccolo consiglio: leggete sempre la composizione delle creme che usate perché molto contengono l’olio iperico che viene utilizzato soprattutto nelle creme cicatrizzanti e antirughe. Ho imparato e sto ancora sperimentando da sola come convivere al meglio con quelle che possono essere i problemi che comportano le conseguenze della terapia….in realtà faccio alcune cose che non sono consigliate come per esempio tingermi i capelli…La mia vita è cambiata radicalmente: ho ripreso vecchi interessi e hobby che non praticavo più per mancanza di tempo. Attualmente lavoro pochissimo per vari motivi.

Cerco di fare tutto anche se mi stanco facilmente e ho ancora problemi con la gamba sinistra che tende a gonfiarsi durante la giornata. Ho rinunciato a fare molte cose ma sto adattandomi ai cambiamenti non voluti dalla sorte e anche il mio corpo ha imparato ad accettare, come io dico, la terapia. Qualcuno ha scritto: la libertà è uno stato mentale….io sto facendo in modo che la mia malattia “dormiente” possa convivere pacificamente con me per lunghissimo tempo…

La prima volta che ho sentito il termine “melanoma” ero molto giovane e andai a ricercarne il significato perché ad esserne colpita era una mia vicina di casa ,una ragazza di qualche anno più grande di me. Ci conoscevamo da sempre….i suoi genitori disperati arrivarono a portarla anche in America ma tutto fu inutile….morì dopo pochi mesi. Quel triste evento mi ha toccato molto perché la sua sorte è stata inevitabile e soprattutto così repentina. Quando mi è stata comunicata la diagnosi dell’esame istologico mi sono  ricordata immediatamente di quell’episodio e ho fatto l’unica cosa che nessuno dovrebbe fare: digitare “probabilità di vita” …allora i dati riportati variavano da tre mesi a un anno e in alcuni rari casi fino a tre anni. Oggi la probabilità di vita grazie alla ricerca è passata da tre anni a cinque anni e addirittura in alcuni casi anche di più. Un bel risultato che ridà speranza a quanti sono colpiti da questa malattia.

287 pillole ogni 28 giorni, 2444 pillole l’anno…in questi quasi sette anni di terapia circa 21000 pillole o poco meno se calcoliamo i periodi di interruzione decisi o dovuti a piccoli interventi chirurgici…in passato erano stati definiti anche come ” drug holidays” ma oggi per me la cura è diventata terapia “salvavita”. Dal primo momento in cui ho avuto la fortuna di entrare nel protocollo per me queste pillole sono sempre state “perle di vita” , “gocce di speranza”, sono quelle che mi hanno dato la possibilità di arrivare sino ad oggi a vivere. Quando dicevo a mio marito che ero “fortunata” nonostante la mia malattia lui non riusciva a comprenderlo. Mi diceva ” ma come fai a dire che sei fortunata?” Io credo che lui lo abbia compreso solo il giorno in cui mi ha chiesto di inviare la sua seconda tac alla mia dottoressa per domandarle se c’era ancora un possibilità per lui… un protocollo sperimentale aperto….una cura….lui aveva questa ultima speranza….io immaginavo già la risposta prima ancora che arrivasse. Quello è stato il giorno in cui lui si è arreso io dico perché non si è più alzato dal letto…io credo che dentro di noi esiste quella parte inconscia che ci spinge talvolta a sopravvivere oltre ogni limite o ad arrenderci prima del tempo. Lui diceva sempre che il più delle volte non si muore del proprio male ma per le consegne della terapia…e per lui così è stato : ad “ucciderlo” prima del tempo sono state le conseguenze della chemio e della radio. Ma qual è il male minore mi chiedo ancora oggi….ogni terapia porta con sé delle conseguenze e quello che ha subìto mio marito è stato un accanimento terapeutico devastante perché le terapie sono state somministrate contemporaneamente….nessuno meriterebbe di soffrire più di quello che la malattia in se stessa provoca….

Quando qualcuno non comprende la “fortuna” di poter avere una terapia a disposizione con cui curarsi o di entrare in un protocollo sperimentale e talvolta si lamenta io provo una forte rabbia perché non tutti possono avere la “fortuna” di curarsi per vari  motivi : perché è troppo tardi, perché non si conosce che percorso specifico da seguire per la propria malattia, perché non tutte le malattie possono essere curate nel medesimo modo, perché non si può economicamente semplicemente raggiungere il luogo dove quel tipo di terapia può essere efficace per il proprio male

Nel centro di immunoncologia mi sento fortemente protetta e sorretta e devo tanto alle persone che lavorano o hanno lavorato qui. Io sono particolarmente grata per aver avuto questa possibilità di speranza e di vita. All’interno del reparto è nata in questi anni l’associazione Aquattromani.

Questa associazione si propone soprattutto di aiutare pazienti e parenti, di rendere più vivibile l’ambiente dove si effettua la terapia e di sostenere la ricerca. La saletta d’attesa è il punto d’incontro di noi pazienti….all’inizio della mia permanenza qui non era non solo un luogo di attesa ma un posto in cui confrontarsi e raccontarsi… c’erano pochi pazienti ancora …oggi vedo raramente persone colloquiare…noto solo che tutte hanno la stessa voglia di andare via e fuggire da quel luogo ormai troppo stretto per accogliere tutti…per me sono quasi tutti volti nuovi. Io sono contenta di rivedere i vecchi compagni di “viaggio” perché significa che il loro percorso come il mio continua. Ho sentito dire una volta ad un paziente “sapere che qualcuno ha il mio stesso problema o sta peggio di me non mi consola”…io non l’ho più rivisto per potergli dire che non ero d’accordo…io affermo che parlarne aiuta tantissimo ….ho ascoltato tante persone in questi anni… Loreno che si faceva accompagnare dai nipoti perché era ormai solo, il signor Michele di 80 anni ,voleva che lo chiamassi ”Michelino” e si dispiaceva di fare tanti km per farsi accompagnare dal fratello e di lasciare a casa la moglie malata di Alzheimer…. Maria Grazia che era una cuoca straordinaria , raccontava delle sue ricette e si crucciava di non riuscire più a lavorare perché si stancava troppo…mi disse che avrebbe voluto fare una mostra dei suoi gioielli anni 60 l’ultima volta che l’ho abbracciata… Daniela che mi ha lasciato come ricordo un angioletto dorato e che non ho fatto in tempo a rivedere ancora una volta, Francesco che si regalò il suo sogno di sempre: una moto, Franco,Ivo ,Renato, Mimmina e tanti altri volti a cui non so dare un nome che mi hanno narrato le loro storie….con cui ho diviso parentesi di vita…ma quello che ha lasciato in me la traccia più forte è stato Carlo ,la “mascotte” dell’associazione come lui amava definirsi…lui ha fatto e dato tanto a questa associazione …infatti è grazie a lui e al dottor Parla se questa associazione si è ricostituita come Onlus… Carlo Banchelli con la sua gioia di vivere,con la sua presenza e le sue parole affettuose,con la sua grande speranza di vita, con la sua passione per il trekking, con il suo cammino verso Santiago narrato per tutti nel suo libro… tutte mi hanno lasciato in eredità la loro “speranza”…oggi questa associazione grazie a Carlo prosegue il suo cammino e raccoglie le storie dei pazienti, la loro personale esperienza, la propria speranza di vivere ,la propria positività…

Io non so se e quando il mio male si “risveglierà” perché la mia malattia non è quantificabile ma io so che è sempre lì e spero sempre che mi sia concesso di avere la mia terapia e di essere abbastanza forte per proseguire ancora e ascoltare altre storie.

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Carlo

Carlo

Per il Babbo, Per Carlo, Per tutti voi

Quando mi è stato chiesto di ricordare chi fosse il Babbo e quanto avesse voluto dire per lui l’associazione, ho detto subito si!

Adesso in questo 2020 così caotico mi rendo conto di essere stato un po’ frettoloso, sarà per questo che scrivo queste parole a quasi un anno dalla sua scomparsa.

Il babbo avrebbe potuto essere benissimo uno dei personaggi del famoso film di Monicelli Amici Miei. Trovava sempre la parte ironica del tutto, che fosse una piccola cosa come uno starnuto o che si trattasse di un macigno enorme come un Melanoma. Forte e determinato, se pur pessimista. Certo la vita l’ha messo a dura prova tantissime volte, forse la più grande con la morte di Andrea, suo figlio, mio fratello.

Quel fatto l’ha sicuramente cambiato (io prima non lo conoscevo, ovviamente), ma ho rivisto negli ultimi giorni della sua vita, tutto il suo dolore e tutto quello che ha significato per lui e la mia famiglia quel fatto.

Quella del Babbo una vita comunque passata a cercare, nonostante tutto, di far ridere gli altri e di ridere della vita. Quante volte l’ho sentito raccontare barzellette, quanti scherzi a parenti e amici.

Ed è stato così sempre anche nella malattia, non ricordo una volta che in reparto a Siena non abbia scambiato una battuta con qualcuno, persino al pronto soccorso il primo di dicembre duemila diciannove, quando è iniziata la fine abbiamo trovato lo spazio per una risata. In quella ironia c’era tutto l’altruismo che lo caratterizzava, incaricarsi di aiutarci ad affrontare l’inaffrontabile.

Ricordo anche quando parlammo per la prima volta dell’associazione AQUATTROMANI non gli sembrava possibile che potesse esserci un “ente di volontari” che offriva una così importante assistenza a tutti coloro che già provati da malattie di questa gravità avevano anche bisogno di supporto logistico e non solo. Per noi era relativamente semplice, Prato-Siena non era una gran distanza, ma proviamo a pensare a chi viene ad esempio dalla Calabria o da altre regioni.

Devo ringraziare l’associazione, perché in buona parte è merito della caparbietà con la quale mio padre prendeva a cuore le cose se la prima guarigione (la più evidente e importante) è arrivata. Aveva promesso che avrebbe fatto il cammino di Santiago e che avrebbe portato con sée fatto conoscere al mondo, il reparto di Oncologia di Siena e l’Associazione e così è stato. Durante quel cammino non ci siamo sentiti con frequenza, siamo fatti un po’ così in famiglia, ma il destino volle che lo chiamassi proprio mentre entrava nella piazza di Santiago, sentivo il suo affanno dovuto al lungo cammino, anche se non ero lì, lo vidi girare l’angolo della “calle” e vidi con lui la Cattedrale. Per questo momento posso solo ringraziare voi e il reparto di Siena. Conserviamo gelosamente in famiglia quella maglietta, che racconta molto bene quello che mio Babbo è stato.Caparbio, determinato, discreto, libero!

A tutti voi che state affrontando la malattia, che sia un Melanoma o che non lo sia, dico di farvi forza, di affidarvi alle MANI di questa Associazione e a quelle di tutto il personale del reparto di Oncologia senese. Se riuscite sorridete, se non riuscite almeno provateci. I tumori esistono e l’unico modo per batterli è affrontarli con determinazione e ottimismo.

Un abbraccio
Gianluca

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Emanuele

Emanuele

Mi chiamo Emanuele, ho 34 anni, vivo in prov. di Pisa, lavoro come Account Manager e come Psicologo Clinico in proprio, amo leggere, fare sport, suonare la chitarra e sono appassionato di motori.

Alla soglia dei 30 anni un brutto incidente in moto mi aveva portato d’urgenza in ospedale a Siena, facendomi finire in fin di vita, proprio in quella struttura dove ogni anno facevo e faccio mappatura dermatologica per gli innumerevoli nei che fanno parte della mia pelle.

Arrendersi per me era una parola sconosciuta: da anni pratico atletica leggera a livello agonistico e, con tanta fatica, a soli 6 mesi dall’incidente ero tornato a gareggiare, nonostante i medici lo reputassero quasi impossibile.

Trovata la donna dei miei sogni, nel 2018 pensavamo soltanto a divertirci e ai nostri progetti di vita: sposarci e avere dei figli.

Dopo il solito controllo a Siena mi ritrovai però in estate con un neo congenito nel cuoio capelluto che si presentava lievemente più in rilievo. Per comodità, essendo passati soltanto 3 mesi dal controllo in ospedale mi rivolsi ad altro specialista vicino casa: il più grande errore della mia vita, poiché sottovalutò la situazione.

Tornato a Siena dopo pochi mesi, a marzo 2019, per il controllo annuale, i dermatologi che mi visitarono consigliarono di asportare rapidamente la lesione. Esito: melanoma nodulare di 3,5 mm.

I miei studi di psicologia mi furono di supporto soltanto per evitare una crisi di panico. Ricordo ancora cosa mi disse il Prof. di dermatologia che da tanti anni mi segue su Siena: “purtroppo era bene che tornavi prima da noi, ma adesso dobbiamo guardare oltre e dobbiamo vedere se e quante metastasi ha generato perché il melanoma era molto spesso. Qui a Siena però c’è il Prof. Maio, Premio Nobel per l’immunoterapia, la conosci? E’ rivoluzionaria! E’ il momento di muoversi e combattere”

Devo dire che il paziente oncologico, e lo dico anche da operatore sanitario, in quei momenti si aggrappa anche ad un discorso, ad una parola e quella frase mi diede tanta forza. Io poi son sempre stato positivo e mi sento fortunato: la mia fidanzata, Donna forte e solare, ogni giorno mi ha inventato una sorpresa, un post-it o una lettera d’incoraggiamento che non potevo lasciar cadere nel vuoto e non finirò mai di ringraziarla come ho fatto e farò per i miei genitori, cugini, parenti e amici veri.

Ad aprile 2019 l’equipe maxillo-facciale ha quindi effettuato intervento di allargamento in testa scongiurando il trapianto di pelle. Con tale operazione è stato anche asportato un unico linfonodo sentinella con micrometastasi, TC/Eco non rilevavano altro: incredibile, forse fare tanto sport e vita salutare mi aveva dato una mano!

A quel punto, seguendo il consiglio dell’oncologo, ho scelto la strada dell’immunoterapia con infusioni di Nivolumab (Opdivo) ogni 14gg. Visti i possibili effetti collaterali ho puntato su incremento attività fisica, tante risate con familiari ed amici ed un piano alimentare strutturato dal dietologo del reparto di immunoterapia. Nel 2020 mi sono presentato alla visita sportiva con una forma atletica mai avuta e dei risultati in pista eccezionali. Effetti collaterali: non pervenuti.

Nel frattempo, purtroppo, in estate abbiamo dovuto sopportare un ulteriore evento critico; non ce lo aspettavamo, è stata durissima, senza contare che la mia ragazza veniva da due operazioni molto dolorose.

Un 2019 da dimenticare avrebbero detto in tanti.

No! Non potevamo abbatterci, “carpe diem!” ed è così che in soli 3 mesi abbiamo organizzato l’evento degli eventi: il 30/11/2019 ci siamo sposati in una bellissima giornata di sole cantando e suonando contornati dall’affetto di chi ci vuol bene.

Ad oggi, giugno 2020, rimangono 2 infusioni del farmaco adiuvante ed il primo dei tanti follow-up che spero, non mi riportino al punto di partenza.

Purtroppo, causa pandemia, non sono riuscito a partecipare ai Campionati Italiani di Atletica Master: il desiderio di testare questo rivoluzionario medicinale come farmaco “mentalmente dopante” era tanta, ma è solo un arrivederci alla prima data utile a correre i 100m!

Intanto la nostra famiglia si è allargata con Giovanni, un meraviglioso cucciolo di Cirneco dell’Etna di cui siamo follemente innamorati!

Da alcuni mesi sono anche entrato nell’Associazione Aquattromani di Siena per informare, supportare e sostenere i pazienti oncologici e le loro famiglie.

Abbiamo in progetto degli eventi in cui sport, alimentazione e concetti psicologici si fondano per migliorare la qualità della vita a chi sta lottando per guarire, ma anche per fornire un’educazione alimentare ed uno stile di vita sano alle nuove generazioni in modo da prevenire l’insorgere di determinate patologie.

Curare significa prendersi cura di sé stessi a 360° e l’unica alternativa che abbiamo è quella di affiancare ai progressi della medicina moderna un corpo reattivo ed una mente positiva!

Il nostro cervello, i nostri intenti, i nostri sogni sono la riserva più grande di energie di cui disponiamo e come disse uno dei più forti atleti 400isti al mondo: “a chi mi chiede perché corro, io rispondo con una domanda. Perché tu sei fermo?”

Emanuele Ottaviano, giugno 2020

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